“Il re è nudo!”
A dirlo, nella celebre fiaba di Hans Christian Andersen è un bimbo, con tutta l’innocenza che contraddistingue la sua età.
Una onestà che è semplicemente la schietta reazione dettata dall’evidenza.
Chi bimbo non è più, spesso perde questo nesso diretto e automatico tra evidenza e comunicazione, aprendo la strada a interpretazioni e modalità che vanno dalla canalizzazione prioritaria degli aspetti più funzionali all’obiettivo, lecito e doveroso, fino a deragliare nelle “fake” più spudorate, per nulla lecito.
La forza della comunicazione dipende dalla sua capacità di essere efficace, accattivante, tempestiva ma sempre onesta, soprattutto dipende dalla reputazione di chi la gestisce.
I due tessitori di Andersen hanno architettato un progetto che si può assimilare a certe campagne di comunicazione attuali, la cui attendibilità e consistenza è pari al tessuto prodotto dai bricconi della fiaba: il nulla più assoluto.
E così come per gli abiti dell’imperatore anche una comunicazione basata sul falso può produrre risultati nel breve periodo, ma solo fino a che il primo bimbo di passaggio si metterà a gridare divertito che il re è nudo.